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L’Inps ha (di nuovo) violato la privacy di milioni di italiani

In queste ore si chiedono a gran voce nomi e dimissioni di tutti e cinque parlamentari che hanno chiesto il bonus Inps da 600 euro. Nonostante questa scelta possa essere considerata inopportuna: “L’Inps e il suo presidente questa volta hanno superato ogni limite della legalità, violando la privacy di milioni di italiani”. Questa è l’opinione di Luca Bertoletti, responsabile Europeo del Consumer Choice Center.

Inps e privacy. Stavolta qualcosa proprio non va. In queste ore si chiedono a gran voce nomi e dimissioni di tutti e cinque parlamentari che hanno chiesto il bonus Inps da 600 euro. Nonostante questa scelta possa essere considerata inopportuna, e sicuramente è l’ennesima prova di una classe politica inadeguata:

l’Inps e il suo presidente Pasquale Tridico questa volta hanno superato ogni limite della legalità, violando la privacy di milioni di italiani“.

Questa è l’opinione di Luca Bertoletti, responsabile europeo del Consumer Choice Center, associazione internazionale di consumatori attiva soprattutto tra Stati Uniti e Canada, ma anche nell’America Latina e in Europa.

Trovando i nomi dei 5 politici, l’Inps ha violato anche la nostra privacy 

Non c’è stata nessuna violazione della legge e, seppur in modo quantomeno inopportuno, i tre parlamentari hanno ottenuto i soldi superando regolarmente tutti i controlli dell’Inps.

“Ma quindi -continua Bertoletti- adesso la domanda è: come mai l’Inps li ha segnalati? E soprattutto con quale potere l’Inps ha controllato il lavoro che questi individui fanno, violandone così la privacy?”.

“Dimissioni del presidente dell’Inps e indagine interna su come e chi ha violato la privacy dei cittadini”

Secondo il Consumer Choice Center, attivo anche sull’Asia e che si occupa prevalentemente di privacy, ma anche di nuove tecnologie (in particolare dello sviluppo sul 5G), per come stanno le cose diventa necessaria non solo un’indagine interna all’Inps, su come e chi ha controllato la vita privata di cittadini, scoprendo il lavoro che fanno, e facendolo trapelare ai media, ma anche le dimissioni immediate del Presidente dell’Inps Pasquale Tridico:

Tutela della privacy, cosa avrebbe dovuto fare l’Inps

“Da legge governativa l’Inps avrebbe dovuto semplicemente verificare i codici Ateco per ciascuna partita Iva. E basta”. E invece… “Per carità, in realtà l’Inps è stato bravissimo a recuperare l’identità dei parlamentari. Ma la legge non prevedeva in alcun modo di risalire a nomi e cognomi di ciascun codice Ateco”.

E allora la domanda è: con quali mezzi è riuscita a scoprire l’identità dei titolari della partita Iva, con buona pace della privacy, attraverso l’incrocio dei dati delle occupazioni vere dei titolari?

“Per farlo è evidente che è stato fatto un check a tappeto esteso su tutti i codici Ateco. Non essendoci tetti o paletti nella richiesta del bonus –poteva chiederlo chiunque avesse una partita iva attiva NdR– questi controlli non erano necessari”. 

Inps, che velocità nel risalire ai nomi e a consegnarli alla stampa!

L’altro aspetto della vicenda riguarda la velocità con cui i nomi sono stati consegnati alla stampa: “Con veline tipiche della prima repubblica, come se fosse stata una conferenza stampa -continua Bertoletti di Consumer Choice Center-. Se si considera il fatto che per ricevere la cassa integrazione e gli stessi bonus molti italiani, in questo caso gente che di soldi ne aveva bisogno per davvero, ha douto fare una trafila infinita e addirittura c’è chi ancora non ha ricevuto niente, altre che si sono ritrovati cognomi diversi o dati che appartenevano ad altre persone”.

Insomma, un organo come l’Inps, è così che la pensa Bertoletti, avrebbe dovuto fare una cosa sola. Abbinare il bonus al codice Ateco. E invece ha indagato nella privacy di ciascun codice e ciascuna partita Iva. Risalendo all’identità di ciascun codice e risalendo al titolare di ciascuna partita Iva, arrivando a scoprire i nomi dei parlamentari e dei politici, necessariamente andando ad abbinare un nome, un cognome e un volto di tutti i professionisti autonomi che avevano fatto richiesta. Un gran lavoro. Ma che la legge non prevedeva. Un lavoro inopportuno. 

Tra un mese il referendum: sarà un caso?

Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico lo ha già detto e ribadito più volte in questi giorni: “Nessun collegamento tra il referendum di settembre e la comunicazione dei 5 parlamentari che hanno chiesto il bonus. Non è un caso montato. Chi proverà ad accusarci ancora sarà querelato“.

Luca Bertoletti di Consumer Choice Center risponde così:

“Beh, allora sicuramente è una coincidenza così evitiamo di essere querelati. Ma è una coincidenza che avviene il giorno dopo che la consulta ha detto sì all’Election Day, accorpando Elezioni Regionali e Referendum. E il giorno stesso in cui alcuni sondaggi davano in vantaggio il No dei cittadini al taglio dei parlamentari. Ma sicuramente è una coincidenza”.

Il ruolo dell’organo Inps sull’antifrode, anticorruzione e trasparenza

Altro paradosso: a scoprire i nomi dei parlamentari è stato l’organo dell’Inps sull’antifrode, anticorruzione e che tutela la trasparenza. Ma in questo caso non c’è frode né corruzione. I politici avevano tutto il diritto di chiedere il bonus. E neanche di mancanza di trasparenza si può parlare perché la trasparenza non era necessaria. Bastava il codice. E la partita iva aperta:

Aggiunge Bertoletti: “La narrativa mainstream è totalmente contro i cinque deputati e i vari migliaia di politici locali e regionali che piano piano si stanno autodenunciando. Ora, abbiamo scoperto che l’ufficio antifrode che controlla dati sensibili li ha rilasciati al pubblico. Ma la domanda è: non avrebbe dovuto invece semplicemente controllare che le partite iva fossero attive? E’ quei che sta una basilare violazione della privacy dei cittadini. Inps può fare tutti i controlli che vuole ma non è che se le mie idee sono contrarie a un comportamento considerato etico dalla maggior parte delle persone allora è autorizzata a dare il mio nome in pasto alla stampa”. 

La questione della privacy: così il Garante ha sbugiardato l’Inps

Il passaggio successivo allo scoperchiamento del vaso di pandora, e cioè la notizia della richiesta del bonus da parte di parlamentari e governatori regionali, con l’Inps che si è difesa dicendo: “Non diamo i nomi perché dobbiamo tutelare la privacy” è quello relativo al Garante. Che di fatto ha smentito categoricamente l’Inps.

Essendo personaggi pubblici, e siccome si parla di soldi pubblici, la loro identità, per come si sono messe le cose, si possono e si devono rivelare. Intanto però ha anche aperto un’istruttoria per capire con quali metodi si è risaliti alla scoperta dell’esistenza di una “classe” politica così ampia che ha fatto richiesta del bonus: “Un altro, l’ennesimo paradosso di questa storia: da una parte il Garante ha le mani legate. Perché in questo caso la privacy non vale più. Il problema sta alla radice, con la domanda da cui abbiamo iniziato la nostra riflessione, e cioe: come ha fatto l’Inps ha scoprire la loro identità?”.

Privacy violata: una delle pagine più tristi dell’Inps

Per Consumer Choice Center, si tratta di una delle pagine più tristi dell’Inps e che funge da perfetta fotografia di una macchina statale talmente contorta su se stessa che non è più neanche in grado di capire se quello che fa è lecito oppure no.

“Si parlava di organo che tutela e garantisce la trasparenza. Ma in questo caso chi si è macchiato di mancanza di trasparenza è proprio l’Inps, non i politici”.

Politici che, questa è la sensazione, riusciranno a farla franca anche questa volta. Probabilmente saranno cacciati dai loro partiti, questa è una delle minacce del leader della Lega Matteo Salvini. Ma in qualche modo riusciranno a mantenere il loro posto in Parlamento. “Non dimentichiamoci che questo caos sarebbe venuto ugualmente fuori a dicembre -conclude Bertoletti- quando i deputati sono obbligati a pubblicare i loro guadagni e il loro 730, dove ovviamente i 600 euro dell’Inps sarebbero stati necessariamente segnalati. 

Originally published here.


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